GENTILONI: CON SAN FRANCESCO IN CAMMINO PER IL DIALOGO
4 OTTOBRE MESSA IN BASILICA SAN FRANCESCO CON BAGNASCO, OFFERTO OLIO LIGURE PER LAMPADA DI SAN FRANCESCO
Di seguito il testo dell'intervento del premier Paolo Gentiloni, affacciato alla loggia del Sacro Convento di Assisi.
Buongiorno a tutti. Saluto il cardinale Bagnasco, Arcivescovo di Genova; il Vescovo di Assisi; i Ministri generali delle Famiglie Francescane; il Custode del Sacro Convento, padre Mauro Gambetti; i Presidenti delle Regioni Umbria e Liguria e i Sindaci di Assisi e Genova. Questa festa, la festa di San Francesco è sempre una fonte di ispirazione per la nostra comunità.
Perché è il patrono di Italia, perché la vita di San Francesco ha lasciato un'eredità straordinaria di insegnamenti. Parte di questa eredità è il ricordo di un celebre viaggio. Un viaggio che nel 2019 compirà 800 anni. Un viaggio iniziato ad Ancona, dove San Francesco si imbarcò in direzione del Vicino Oriente. Francesco arrivò dove era in corso la Quinta Crociata e assistette alle distruzioni causate da quella guerra di religione.
A quella violenza, reagì con uno dei suoi gesti più stupefacenti: chiese e ottenne di incontrare il sultano Malik Al-Kamil, colui che più di tutti - per i Crociati - rappresentava il nemico, il diverso, l'altro da sé. Non sappiamo cosa si siano detti San Francesco e il Sultano, ma sappiamo che si sono incontrati. E quell'incontro è un gesto di attualità dirompente. Il mondo di oggi è attraversato da sfide inedite: gli effetti contraddittori della globalizzazione; i flussi migratori in arrivo nel nostro continente; uno scenario internazionale talvolta imprevedibile.
Si diffonde la tentazione di rispondere a queste sfide rifugiandosi all'ombra del muro dell'incomprensione, dell'intolleranza. Quel viaggio di San Francesco, compiuto 800 anni fa, ci ricorda che la scelta della chiusura non è affatto una scelta obbligata. Ci ricorda che dobbiamo essere capaci di costruire ponti tra le due sponde del Mediterraneo, un mare che è stato culla di civiltà e che oggi è epicentro di crisi e talvolta luogo di tragici naufragi. Dobbiamo costruire ponti di cooperazione verso l'Africa. Perché in Africa si gioca il futuro dell'Europa. Perché è investendo in Africa che si affrontano le cause profonde delle migrazioni. Dobbiamo costruire ponti tra le diverse religioni e comunità, perché insieme sono chiamate a collaborare per sconfiggere il terrorismo.
Il viaggio di Francesco verso l'altra riva del Mediterraneo - verso un mondo che non conosceva, ma nei confronti del quale non provava paura, ma curiosità - ci ricorda che di fronte alle sfide di oggi dobbiamo avere il coraggio di metterci in cammino, per dialogare con l'Altro. Quello del dialogo è un percorso impegnativo, lungo il quale troviamo spesso ostacoli. Uno dei percorsi di dialogo più importanti che abbiamo intrapreso, assieme ad altri popoli nostri fratelli, è il cammino dell'integrazione europea. Durante quel cammino - durato già 60 anni - abbiamo imparato a scacciare i dèmoni del nazionalismo, delle divisioni, delle guerre. Siamo stati capaci di assicurare al nostro continente una lunga stagione di pace e benessere. Negli ultimi anni, il cammino dell'Europa è sembrato sul punto di fermarsi. Crisi economica, flussi migratori incontrollati hanno messo in crisi il progetto europeo. Far ripartire quel viaggio è oggi possibile.
Molti buoni segnali ci indicano che stiamo riuscendo a dare vita a un nuovo slancio europeo; Lo scorso 24 marzo, durante le celebrazioni dei 60 anni dei Trattati di Roma, Papa Francesco ci ha invitati a ripartire dai pilastri sui quali è stata edificata la Comunità Europea: "la centralità dell'uomo, una solidarietà fattiva, l'apertura al mondo, il perseguimento della pace e dello sviluppo, l'apertura al futuro". Potremo farlo se sapremo essere all'altezza del compito che ci ha indicato il Pontefice: il compito di "discernere le strade dalla speranza." Autorità. Signore e signori. Gli anni della crisi economica ci hanno ricordato che anche altri muri attraversano le nostre società: sono i muri del bisogno, i muri che dividono vincenti e perdenti della globalizzazione.
Abbiamo iniziato a lavorare per dare risposte a chi vive gli effetti della crisi economica. Lo abbiamo fatto contro la povertà. Abbiamo varato il reddito di inclusione, la prima misura nazionale di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale, un aiuto doveroso nei confronti di circa 500.000 famiglie italiane in difficoltà. Lo abbiamo fatto nella sfida cruciale del mondo contemporaneo, il lavoro. E' anche questo un insegnamento di San Francesco, lo ritroviamo in una delle esortazioni che lasciò in eredità ai suoi confratelli nel suo Testamento "E io con le mie mani lavoravo, come voglio lavorare; e voglio che lavorino tutti gli altri frati, di onesto lavoro." La sfida del lavoro riguarda tutta l'Italia e in particolare i giovani, le donne e il Sud. Negli ultimi tre anni, siamo riusciti a recuperare oltre 900.000 posti di lavoro persi durante gli anni della crisi.
Questo impegno deve continuare. Il Governo e il Parlamento hanno la responsabilità di non dilapidare i risultati raggiunti e di collaborare, anche da punti di vista diversi, per il bene comune. Del resto, la sfida che abbiamo davanti è davvero epocale. Costruire un modello di sviluppo che coniughi i benefici dell'economia e della società aperta con il bisogno di protezione e di sicurezza. Includere nello sviluppo economico tutti coloro che oggi vivono ancora nella periferia della speranza. Mettere i prodigi tecnologici al servizio dell'uomo e non contro il lavoro e la sua qualità. E soprattutto mettere al centro l'ambiente. Torniamo a San Francesco. Lui che - per citare il suo biografo san Bonaventura da Bagnoregio - "chiamava tutte le creature, non importa quanto piccole fossero, col nome di fratello e sorella, perché sapeva che esse provenivano dalla stessa sorgente dalla quale proveniva lui". Francesco ha donato al mondo la prima vera testimonianza di impegno ecologico.
Oggi seguire l'esempio di san Francesco vuol dire impegnarsi per vincere la più importante sfida ambientale, quella del cambiamento climatico. Vuol dire anche avere cura della bellezza fragile del nostro territorio. In queste settimane ricorre il ventesimo anniversario del terremoto che nel 1997 colpì l'Umbria e le Marche, con gravi danni alle case e vittima tra la popolazione. Il restauro della Basilica Superiore ha rappresentato il simbolo di una grande speranza; il frutto di uno sforzo davvero immenso, tanto che quello dei restauratori fu definito "il cantiere dell'utopia." Oggi abbiamo bisogno di quella stessa forza per l'impegno nella prevenzione cui ci ha richiamati ieri proprio ad Assisi il Presidente della Repubblica e per vincere la sfida della ricostruzione delle aree colpite dagli eventi sismici.
Ai cittadini di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria va il pensiero di tutti noi e dell'Italia intera. Oggi l'olio che quest'anno è giunto dalla regione Liguria ha acceso la lampada che illumina la tomba di san Francesco, Santo Patrono d'Italia. La piccola luce di quella lampada ci ricorda che il dialogo - la virtù francescana per eccellenza - è la chiave con la quale dobbiamo vincere le sfide del presente e quelle del futuro.
LA SOLENNE CELEBRAZIONE IN BASILICA
La solenne celebrazione in Basilica Superiore si è conclusa intorno alle 11.30.
E' stata presieduta dal Presidente della Conferenza episcopale ligure, Angelo Bagnasco. Saluti iniziali del Custode del Sacro Convento.
Successivamente, dal loggiato del Sacro Convento il Presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni, pronuncerà il suo intervento. Ecco alcuni passaggi dell'omelia del Cardinal Bagnasco.
"L'uomo occidentale è confuso e smarrito. Dentro a questo groviglio la gente si interroga sul futuro suo e del mondo. Tra tanta confusione, dove tutto si vuole ridefinire, c'è una opportunità straordinaria, provvidenziale. E' questa l'alba del risveglio della coscienza. Davanti a San Francesco, il Vangelo ci manda disarmati in un mondo armato, araldi dell'amore nel mondo dell'odio, profeti dello spirito nel mondo della materia. Solo i beni spirituali sono fondamento alla vita di singoli, popoli e nazioni. La fede è la luce che illumina la casa dell'Italia, dell'Europa, del mondo. La responsabilità di portare il Vangelo è grande, ma è sorgente di gioia ancora più grande.
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